Accountabilities for equity and learning
Prof. Andrej Koren
National Institute for Leadership in Education, Slovenia
2013
Articolo per seminario
Pagine: 5
Andrej Koren comincia con il presentare il concetto di “responsabilità” (accountability) definendolo come “la gestione (management) di diverse aspettative che hanno origine all’interno e all’esterno dell’organizzazione” (p.2). Tali aspettative differiscono riguardo all’orientamento, al grado di esplicitazione e alle conseguenze che implicano, ed inducono un processo di distribuzione dei compiti e delle funzioni.
La nozione di responsabilità in ambito educativo viene poi specificata attraverso un confronto con la dimensione del “controllo”. A prima vista sembrerebbe che “controllo” e “responsabilità” siano due concetti contraddittori, che si escludono a vicenda. In particolare, dati i cambiamenti avvenuti in tempi recenti si potrebbe pensare il controllo dello stato in ambito scolastico sia stato sostituito dalla responsabilità della singola scuola, che sembra così tanto più acquisire “responsabilità” quanto più l’educazione viene concepita in una logica di mercato. Secondo una prospettiva distinta ma simile, le scuole vengono invece concepite come organizzazioni professionali, e in quanto tali rispondono ad organismi professionali e ad associazioni di settore. Eppure, in entrambi i casi lo stato mantiene una forma di controllo, che si esercita attraverso una molteplicità di strumenti direttivi, più o meno manifesti. Inversamente, anche in un modello manifesto di “controllo statale” rimarrebbe sempre presente una qualche forma di responsabilità delle singole figure coinvolte e di ogni specifica comunità professionale. Di conseguenza, la relazione tra responsabilità e controllo si caratterizza in ogni caso come intreccio, la cui natura dipende dalla posizione in cui ci si colloca rispetto ai due estremi, la decentralizzazione e la centralizzazione.
Koren prosegue distinguendo tre categorie di “accountability”:
1. Responsabilità Manageriale. Si tratta delle aspettative ufficiali del sistema e del coordinamento scolastico nei confronti delle scuole. Questo genere di aspettative possono essere rintracciate nei documenti ufficiali: gli atti, i regolamenti, i documenti per le politiche e le procedure di valutazione. Questo tipo di “responsabilità” ha a che fare con i “Risultati”, e in particolare concerne il modo in cui i risultati vengono utilizzati in una logica di mercato per spingere le scuole alla competizione.
2. Responsabilità Pubblica. Si tratta delle aspettative nutrite dalla comunità locale, costituita in primo luogo dai genitori. In molti casi, la responsabilità verso la comunità locale è avvertita con maggiore intensità rispetto alle aspettative della dirigenza nazionale. Questo tipo di responsabilità riguarda la “Legittimità” che le scuole devono continuamente guadagnarsi nei confronti dei genitori degli alunni.
4. Responsabilità Professionale. Nell’ambito di questo modello di responsabilità, gli insegnanti vengono considerati come professionisti autonomi, responsabili del processo educativo più che dei suoi risultati. Si tratta di un paradigma di responsabilità che può porsi come alternativo rispetto al primo, basato sui risultati. In questo modello di “accountability” risultano centrali i codici di “Eticità” e di condotta: l’etica professionale degli insegnanti diviene un alternativa alla logica costrittiva e centralizzata dei “burocrati”. In tale prospettiva, diviene centrale la figura del leader scolastico, e della sua capacità di comprendere le esigenze degli alunni, dello staff e dell’organizzazione scolastica, oltre che il suo grado di comprensione del valore e degli scopi che la società nel suo complesso attribuisce all’educazione.
I tre tipi di responsabilità seguono logiche diverse, che corrispondono ad esigenze interne o esterne alla scuola, e possono vigere singolarmente, coesistere in parallelo o trovarsi in conflitto. In generale, le singole scuole variano nel grado e nelle modalità con cui compongono le tre esigenze descritte.
Koren applica poi il concetto di “responsabilità” alla questione dell’equità in ambito educativo. In particolare, il sistema scolastico può percepirsi come responsabile dell’ “equità educativa” in due sensi diversi. In un primo senso l’equità può essere intesa come “parità delle opportunità”: secondo tale logica il sistema può limitarsi a fornire a tutti le stesse opportunità, ad esempio garantendo ad ogni bambino l’accesso all’educazione, ma senza spingersi oltre. Secondo un significato più profondo però, equità significa innanzitutto “parità nei risultati dell’educazione e nelle possibilità di accesso al mondo professionale”: in questa prospettiva, non si tratta di fornire le stesse opportunità ma al contrario di svolgere un opera differenziata per dare ad ogni studente il supporto e le possibilità che corrispondono alle sue esigenze specifiche.
Di seguito viene quindi presentato il caso dell’ “Organizzazione per la Co-operazione e lo Sviluppo Economico” (Organisation for Economic Co-operation and Development -OECD), che annualmente produce rapporti annuali e raccomandazioni per rendere possibile la “pee pressure”, ovvero la circolazione di idee e buone pratiche nell’ottica di permettere il confronto sulle modalità di intervento e sui risultati. Nel 2008 l’OECD ha lanciato il progetto “Migliorare la Leadership Scolastica” (“Improving School Leadership”), a cui si accompagnavano un gran numero di rapporti sullo stato dell’istruzione. Nell’ambito di tali rapporti, veniva preso in conto esclusivamente il primo genere di responsabilità, ovvero la responsabilità intesa in senso managerialistico, con riferimento ai risultati intesi in un’ottica di mercato. Per di più l’OECD si limitava a considerare un ambito ristretto dei “risultati”, ovvero esclusivamente i risultati misurabili da test (come ad esempio il test “Pisa”) secondo l’assunzione implicita per cui solo ciò che è misurabile riveste un qualche valore. In tal modo, sono rimaste trascurate tutte le competenze necessarie ad orientarsi in una società complessa, oltre che le concezioni alternative di responsabilità che sono state prese in esame.
Koren chiude l’articolo presentando due dilemmi volti a rilanciare la discussione, che riformula subito dopo in tre domande focalizzate sul ruolo che possono svolgere i leaders scolastici rispetto alle tre tipologie di “responsabilità” presentate. I primi due punti problematici sono:
• Gli educatori possono essere ritenuti responsabili di ciò che non sono preparati a realizzare senza un sostegno che permetta loro di sviluppare capacità e conoscenze specifiche?
• Si può risolvere il problema relativo ai rendimenti scolastici operando a livello della singola classe e trascurando il problema più generale della scuola e del sistema scolastico nel suo insieme?
Per quanto riguarda più i particolare i leaders scolastici, vengono invece posti i seguenti interrogativi:
1. Come possono i leaders scolastici far sì che le scuole loro affidate forniscano un’educazione comprensiva e formativa senza trascurare allo stesso tempo l’esigenza di raggiungere risultati misurabili?
2. In che modo i leaders scolastici possono aiutare gli insegnanti a realizzare un buon equilibrio tra le esigenze della loro responsabilità culturale ed etica e quelle della responsabilità managerialistica?
3. La responsabilità managerialistica può valere contemporaneamente come responsabilità professionale?