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Sintesi dei papers

Il concetto di “Policy” e di “Risposta alla policy”

Policy Response: A Critical Engagement
Carl Bagley and Sophie Ward
Durham University, Regno Unito
2013
Articolo per seminario
Pagine: 9

L’articolo si occupa innanzitutto di analizzare il concetto di “policy”, e in secondo luogo di stabilire che cosa si intenda per “policy response” (risposta alle politiche).

Bagley e Ward cominciano con il descrivere, attraverso numerosi riferimenti alla letteratura specialistica (vedi bibliografia) il concetto di policy. Questo è concepito in prospettiva “post-modernista” (p.1) e foucaultiana, ed è presentato dagli autori in tre passaggi successivi:

• In un primo momento la “policy” viene descritta in linea generale come “processo che realizza in pratica alcuni principi ed idee” (p.1).
• Tale concetto viene subito approfondito in relazione alla foucaultiana dimensione della “governabilità”, secondo cui la “policy” risulta definita come “l’esercizio del potere politico e il linguaggio utilizzato per legittimare tale processo” (p.1), in una prospettiva che tende a metterne in mostra le valenze negative.
• Verso la conclusione dell’articolo, il concetto di “policy” viene riconsiderato e nuovamente specificato, questa volta in senso positivo, come “processo creativo che richiede interpretazione e ricontestualizzazione” (p. 4), tanto che “le policies in genere non indicano precisamente che cosa fare, ma creano le circostanze per cui il ventaglio di opzioni disponibili risulta ristretto, o in cui vengono posti mete o risultati specifici” (p.5).

Nella prima parte dell’articolo Bagley e Ward si soffermano sul concetto di policy inteso nel secondo senso, ovvero come insieme delle strategie che le forze al governo dello stato mettono in atto per creare una base di consenso rispetto ad obiettivi specifici. Gli autori specificano questo concetto in riferimento al campo dell’educazione, prendendo in esame il caso del diffondersi, nel corso degli ultimi trent’anni, delle teorie neoliberiste in ambito educativo. Infatti, attraverso l’introduzione di un “vocabolario che fa riferimento all’economia, alle imprese e alla dimensione dell’efficienza” (p.2), i discorsi neoliberisti hanno stabilito una nuova dimensione di normalità, presentando le proprie concezioni come valori condivisi, appartenenti al senso comune e tali da non poter essere rifiutati se non da “persone non in possesso delle proprie facoltà” (p.2).

Questa nuova base di legittimazione ha reso possibile in moltissimi paesi una riforma del campo educativo all’insegna di “logiche di mercato, managerialismo e performatività, conducendo alla colonizzazione crescente delle politiche educative da parte degli imperativi delle politiche economiche” (p.3). Tale processo ha condotto ad una forma di governo “destatalizzato” (p.4), in cui “lo stato non si assume più la responsabilità per questioni come la mobilità sociale, ma al contrario dirige, o sorveglia, le operazioni del libero mercato che è supposto fornire risultati in linea con gli interessi degli individui” (p.3).

L’articolo procede quindi prendendo in esame il concetto di “policy response” (risposta alle politiche), che l’autore definisce come “dialogo tra i policy makers (creatori delle politiche), che stabiliscono i programmi e gli obiettivi educativi, e i policy implementers (realizzatori delle politiche), che rispondono ponendo questi piani in azione” (p.3). Nell’ambito delle “policy responses” esistono tre paradigmi dominanti:

1. Il modello “problem-solving”, che intende la policy come un “documento di qualsiasi tipo creato dai policy makers e messo in pratica dai policy implementers” (p.3)
2. Il modello “processuale”, che definisce la policy come “il campo di battaglia, negoziazione e dialogo, in cui l’effetto prodotto risulta co-generato da creatori e realizzatori delle politiche” (p.3)
3. Il modello dell’ “eclettismo teoretico”, secondo cui la policy risulta un “esercizio di potere e linguaggio utilizzato per legittimare il processo di attuazione” (p.3); si tratta di un modello che si definisce componendo diversi elementi dei due precedenti.

Bagley e Ward si soffermano in particolare sul terzo tipo di “policy response”, mostrando come il precedente esempio delle teorie neoliberiste in ambito educativo rappresenti un caso emblematico di condizionamento delle risposte alle politiche secondo il modello dell’ ”eclettismo teoretico”:

“Se ha successo, un tale apparato concettuale diventa così radicato nel senso comune da essere preso per scontato e non suscitare questioni. La grande diffusione delle dottrine neoliberiste assicura che la policy, presentandosi coerente con il senso comune, venga rapidamente accettata o passi persino inosservata”. (p.4)

Influenzando il “senso comune”, i creatori delle politiche riescono a controllare la “policy response”, minando alla base la capacità dei “policy implementers” (nel caso specifico insegnanti, alunni, governanti locali e genitori) di porre in questione ed eventualmente avversare la policy stessa.

Gli strumenti utilizzati dai creatori delle politiche per mettere in atto questa tipologia di strategie consistono in operazioni del tipo “consultazione, conferenze e naturalmente documenti per le politiche” (p.4). E’ interessante notare come Bagley e Ward includono anche i networks per le politiche tra i possibili dispositivi adibiti alla messa in forma del senso comune, rilevando come la stessa rete EPNoSL possa avere un ruolo nella creazione del consenso per le policies.

Naturalmente non tutte le policies ottengono questo tipo di risposta: in democrazia molto spesso le politiche vengono contestate, al punto che non di rado vengono ritirate dalle autorità centrali. In generale, la “policy response” non può essere interpretata come processo univoco, ma si pone piuttosto come una realtà “contestuale, complessa e frammentaria” (p.4). In particolare, per quanto riguarda il processo di “implementazione” (il tragitto che compie la policy dalla sua ideazione come semplice principio alla messa in pratica) gli autori mettono in evidenza come siano soprattutto le policies contestate, che suscitano discussione e confronto, a dare luogo ad un processo di “azione sociale creativa” (p.4):

“La contestazione genera uno spazio politico in cui i discorsi della policy dominante non sono semplicemente accettati in maniera a-problematica come valori di facciata, ma possono essere sfidati, sfumati, riformulati e modificati”. (p.4)

In questo senso non è tanto corretto parlare di “policy response” (risposta alle politiche) quanto di “policy enactement” (messa in atto delle politiche): la policy viene così intesa nel suo terzo significato di processo creativo, in cui non risulta mai “semplicemente realizzata (implemented) ma interpretata e tradotta in uno specifico contesto spaziale e temporale” (p.4), attraverso un procedimento collettivo di discussione, confronto e critica che può anche passare attraverso la contestazione.

Bagley e Ward concludono l’articolo con una lista di dieci principi generali (“Ten policy pronouncements” -p.5) sulla messa in atto delle politiche, formulati attraverso un lavoro di analisi della letteratura specialistica legata al tema (vedi bibliografia).