Con il proliferare dei social network, nei cui confronti spesso sviluppiamo meccanismi di vera e propria insensata dipendenza, la comunicazione interpersonale si trova a dover affrontare nuove complessità rispetto a cui non sembriamo del tutto pronti.
All’interazione fatta di parola incarnata, in cui un sorriso o un ammiccare complice può ammorbidire una frase un po’ aspra oppure indicare il tono ironico di un’asserzione, si sostituiscono i rischi del testo scritto che – per quanto spesso accompagnato dalle emoticons con cui ci sforziamo di ricreare le dinamiche della parola che si riflette nello sguardo dell’altro – spesso crea equivoci e fraintendimenti a catena.
La sfida educativa del progetto Face to Faith, che la mia scuola e io abbiamo accolto con entusiasmo, è proprio connessa al cercare di fare un uso sapiente e fruttuoso della comunicazione virtuale, ricordando sempre che dietro foto e caratteri grafici si celano individui reali, con il loro carico di storia e sensibilità personale.
Ci sono rischi e trappole nella comunicazione in rete, soprattutto quando l’approccio è con persone mai incontrate prima che parlano quella “lingua franca” che l’inglese è diventato. Proprio il difficile equilibrio tra un superficiale contatto fatto di soli convenevoli e quella conversazione più profonda che ti spinge alla riflessione e, se possibile, al cambiamento è l’uso del web 2.0 che F2F promuove. Grazie ai materiali strutturati che ci vengono offerti, soprattutto nel primo modulo introduttivo, lo sviluppo di un dialogo intenso basato sul rispetto è indubbiamente reso un po’ più facile e – con mio grande piacere – ho visto che certe modalità comunicative sono poi state esportate dalle studentesse e studenti in altri ambiti relazionali, rivelandosi efficaci anche nella gestione dei conflitti all’interno delle classi.
L’uso della piattaforma messa a disposizione da F2F è stata un’apertura di mondi possibili: comunicare con coetanei di 19 paesi del mondo in una situazione controllata e protetta è sembrato stupefacente ai nostri studenti che si sono gettati a capofitto nell’impresa.
Tuttavia, malgrado diverse interazioni interessanti e anche la costruzione di qualche amicizia un po’ più significativa, nel tempo si è notato che spesso non c’erano risposte effettive ai propri blog o che diventava difficile andare oltre delle frasi di apprezzamento un po’ standardizzate. La rete è così: ci sono incontri che sembrano meravigliosi bagliori nella notte e che si esauriscono altrettanto rapidamente, proprio a causa della smaterializzazione dei corpi, perché affidare il contatto con l’altro alla sola fatica della scrittura, oramai costretta a modellarsi sui ritmi sincopati con cui i nativi digitali imbastiscono le loro relazioni, è impegnativo e spesso deludente, in particolare se la lingua è a sé straniera.
Se non vediamo il dolore della non-risposta o del malinteso sul volto del nostro interlocutore nessuna traccia emotiva rimane e dunque il concetto di “responsabilità comunicativa” si stempera nel carosello globale delle possibilità interscambiabili. L’odore dell’altro, della sua pelle, della sua paura, del suo entusiamo, quello può restare abbarbicato alla memoria, ma delle parole senza suono costruite su bits e bytes troppo spesso non ci interrogano così profondamente, si confondono e diluiscono nel ricordo.
L’idea del Team-Blogging, propostoci quest’anno da F2F, è sembrata la risposta che cercavamo per cercare di ovviare a questi “inconvenienti”: ogni settimana, a rotazione, è stato assegnato agli studenti e studentesse di una delle quattro scuole-partner l’incarico di scrivere i blog su un argomento di particolare profondità e rilievo mentre gli allievi delle altre scuole avevano il compito di commentarli.
Le scuole cui abbiamo interagito sono state due israeliane (una con sede a Gerusalemme di orientamento antroposofico, la Selisberg Adam High School, l’altra situata a Beit Jann, un villaggio druso nel nord d’Israele) e una americana del Missouri, di impronta cattolica, retta da gesuiti e completamente maschile, la De Smet Jesuit High School. Immaginate quante ricerche on-line abbiamo fatto per cercare di avvicinarci un po’ alla cultura, allo spirito e ai valori educativi che sono alla base di scuole apparentemente così diverse!
Le tematiche affrontate nel corso del team-blogging sono state incentrate su ciò che trasforma un gruppo sociale o di studenti in una vera a propria comunità, ma anche su ciò che definisce la nostra identità di soggetti autonomi e differenti, sui valori o sulle persone che hanno avuto influenze significative nella nostra vita e infine sul significato delle parola “fede”, il tutto declinato in modo il più possibile soggettivo.
Questo tipo di interazione strutturata si è in effetti rivelata particolarmente feconda in quando ha permesso di raggiungere intensità di dialogo e scambio culturale inusitati rispetto alle normali interazioni sul social network, a volte più “dispersive” e superficiali anche per l’inevitabile difficoltà di trovare persone desiderose di approfondire davvero tematiche così complesse.
Nei pdf in allegato riporto alcuni esempi di questi scambi comunicativi tra studenti che mostrano come sia indubbiamente questa la strada da percorrere e potenziare in futuro per rendere le interazioni sulla piattaforma on-line di F2F sempre più fertili e vitali.
Maria Grazia Tundo,
docente presso il Liceo Fermi di Bari
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