Maria Lissoni, insegnante Matematica e Scienze presso la scuola media Norberto Bobbio di Torino, redattrice del sito WEB della ReteDialogues
Scrivere un profilo per questo sito mi ha fatto ripensare al mio percorso umano e lavorativo, e ho notato che per certi versi non potevo che finire su un progetto come FTF.
La mia vita è stata molto varia, a tratti caotica …. ho cominciato e ricominciato molte volte.
Però col tempo ho imparato a riconoscere (e riconoscermi in) alcune costanti fondamentali, che costituiscono la trama di un tessuto per altri versi fin troppo carico di colori e disegni contrastanti: curiosità verso le persone “altre” e le loro storie, interesse per le lingue come strumento per affacciarsi su nuovi mondi, fascinazione per le tecnologie informatiche come mezzo di comunicazione e, soprattutto, la passione e il sentimento come motore di tutte le scelte importanti della mia vita.
Sono nata e cresciuta a Novara, nel profondo Nord. Dai miei genitori ho imparato ad aprire sempre la porta a chi bussava e ad aggiungere un piatto in tavola (e anche un bicchiere di vino, da buona piemontese:-)
La passione per il canto, risalente alla primissima infanzia, mi ha portato a esibirmi con band adolescenziali scalcagnate, caratterizzate dalla partecipazione di ragazzi provenienti da ceti sociali diversi dal mio: di giorno al liceo scientifico secchiona ma anche militante femminista (erano gli anni 70), di sera gruppettara “alternativa”. Per la mia docente di lettere ero “un fiume in piena”; e non intendeva certo farmi un complimento!
All’università ho studiato Fisica: un po’ per sfida (le materie umanistiche mi parevano “troppo facili” – beata supponenza della gioventù J) un po’ per essere sicura di NON finire a fare l’insegnante dopo la laurea (avendo due genitori docenti, ero stufa di vivere in un mondo in cui tutto era “scuola”).
Così ho passato sette lunghissimi anni come ingegnere in una multinazionale elettronica italo-francese.
A quel periodo, ormai un quarto di secolo fa, risalgono le mie prime esperienze di comunicazione via email: erano davvero pioneristiche, ancora non esisteva nemmeno la rete Internet. Per me fu una gioia scoprire che il computer non serviva solo a far noiosi calcoli ma anche per comunicare! Entrai a far parte di una delle primissime comunità virtuali, una mailing list di italiani residenti per la maggior parte all’estero, tuttora viva e attiva.
Quando più tardi, per motivi familiari, mi sono trasferita in Olanda, sapevo esattamente cosa NON volevo fare: un lavoro in campo tecnico. Ho avuto la fortuna di cominciare ad insegnare materie scientifiche nell’unica scuola del paese con una sezione italiana, la Scuola Europea di Bergen N.H. Esperienza esaltante: per dieci anni ho vissuto in un vero melting pot linguistico e culturale, con sezioni dalla materna al liceo in inglese, francese, tedesco, italiano e olandese, professori e allievi provenienti da almeno trenta diversi paesi. Comunicare era spesso un’avventura: capitava di cambiare tre – quattro idiomi nel giro della stessa conversazione, a seconda di chi si aggiungeva al gruppo: l’ultima delle preoccupazioni era la perfezione formale. Lì ho imparato ad apprezzare la bellezza liberatoria dello strafalcione!
E sempre in Olanda ho fatto due incontri fondamentali.
Il primo con le mie trenta “sorelle”, le donne del coro internazionale femminile Mihira: provenienti letteralmente da tutto il mondo, dall’America Latina al Sud est Asiatico, passando per Europa, Africa e Medio Oriente, queste donne si esibiscono ancora oggi ovunque si celebri la pace, la giustizia, la fratellanza. “Se possiamo cantare insieme, allora possiamo anche vivere insieme” è il motto. La mia partecipazione a Mihira è durata solo un paio d’anni, ma è stata un’esperienza formativa profonda, culminata in un concerto nel 2005 al festival di Sarajevo , la capitale bosniaca simbolo di guerra ma anche di riconciliazione.
Il secondo incontro, che mi ha letteralmente “rivoltata come un calzino”, è stato quello con mio marito Yagoub. Sudanese, di credo islamico, fa veramente onore al suo nome che è la traduzione araba di Giacobbe (seguace di Dio ); la limpidezza e semplicità della sua fede, declinata nell’attenzione per i più bisognosi e nella lotta all’ingiustizia (si occupa di diritti dei rifugiati) mi hanno colpito fin dal primo istante: e dire che io non sono certo cattolica praticante! Yagoub ha cambiato – e ancora quotidianamente cambia – il mio sguardo sul mondo.
Rientrata in Italia, dal settembre 2005 insegno in una scuola media nella periferia di Torino: nel mio istituto la percentuale di allievi di origini non italiane oscilla tra il 30 e il 40% , le etnie più rappresentate sono la maghrebine e le est europee.
Ho una passione particolare per i ragazzini turbolenti, e infatti da anni ricopro il ruolo di Funzione Strumentale all’Agio Scolastico: mi occupo di progetti contro la dispersione e per fasce deboli, in collaborazione con diversi enti e associazioni sul territorio.
Nella vita privata (quel poco che ne rimane, visto che il mio hobby preferito è la scuola:-) mi piace cantare in coro, fare attività fisica all’aria aperta, leggere libri gialli e andare a trovare i miei amici, sparsi in giro per l’Italia e per il mondo.