Il giorno 27 maggio 2014 i ragazzi della 3E, coordinati dai docenti Anna Luzzi, Caterina Belcastro, Antonella di Paola e Federico Gervino hanno organizzato un incontro con le loro famiglie, per illustrare le attività svolte all’interno del programma FTF. Durante questo incontro sono stati presentati i PowerPoint preparati per le due conferenze con la scola Gurukul the School (India) e sono stati anche proiettati spezzoni delle stesse: i ragazzi hanno condiviso con i genitori riflessioni e considerazioni sull’esperienza vissuta. E, alla fine, hanno contato la canzone “Che Mediterraneo sia” con la quale avevano concluso la VC di ottobre.
Di seguito, una cena multietnica, durante la quale Anna Luzzi ha “rubato” i commenti entusiasti dei genitori
“E’ stato un progetto interessante per i nostri figli, li ha tenuti molto impegnati per due anni, ma i risultati sono sicuramente visibili nei materiali prodotti”
“I ragazzi hanno capito qualcosa di molto importante per la loro vita, confrontandola con quella degli Indiani”
“E’ così bello essere qui questo pomeriggio, tutti insieme ad ascoltare i nostri ragazzi parlare di tante cose interessanti, e in inglese poi!” “Siamo grati ai docenti di aver aiutato i ragazzi ad esprimersi al meglio, offrendo loro questa opportunità culturale e internazionale“
Natale sottotono quest’anno, senza il tradizionale pranzo del 25 a casa dei miei genitori a Novara; io non sono praticante per cui il Natale è per me principalmente una festa degli affetti famigliari. Il pranzo dai miei genitori non è mai stato particolarmente speciale, ma nel pomeriggio passavano in visita parenti e amici. Per me, che ho lasciato la città natia da un quarto di secolo, è sempre stato un momento in cui mi sentivo parte, oltre che di una famiglia allargata, di una sorta di “clan” … ora i miei sono stati giudicati troppo anziani per organizzare e mio fratello minore ci ha gentilmente invitati a Milano, ma mancava il pomeriggio con il campanello che continua a squillare e gruppi di persone che entrano salutando festosi, accolti da una fetta di panettone (rigorosamente tradizionale, con i canditi) e la crema al mascarpone con cui farci scarpetta, preparata secondo la ricetta di nonna. Quest’anno, con mia mamma ormai sempre più “ritirata” in sè stessa (vede poco, sente male) e mio papà più stanco e principalmente occupato a fare il badante a tempo pieno, nessuno fa più da “collante ” per zii, cugini e amici di famiglia: mamma prima si ricordava di tutti i compleanni e anniversari (nascita, matrimonio, morte) e scriveva o telefonava regolarmente, papà ha sempre intrattenuto tutti con i suoi aneddoti di vita vissuta, i suoi libri di storia ma soprattutto con quel suo sguardo così particolare sul mondo, strambo a volte, ma mai banale. Nei giorni dopo Natale ho avuto momenti un po’ malinconici. Con questo umore un po’ dimesso qualche giorno fa ho accompagnato mio marito Yagoub in un paesino del canavese per fare una visita “di dovere” a un suo connazionale sudanese, il cui primo figlio è stato appena circonciso, così come richiede la religione islamica.
In genere patisco un po’ queste visite; perchè nonostante la gentilezza estrema dei sudanesi, mi sento in colpa per non aver ancora imparato l’arabo; perchè sono diversissima dalle altre donne presenti (giovani, riservate, dedicate ai figli; ma soprattutto perchè spesso si avvertono storie di disperazione da cui mi sembra sia impossibile uscire …
Invece ieri è stato delizioso!
Ahmed (che viene dal Darfour, mi ha mostrato orgoglioso le sue foto davanti alla capanna dove è cresciuto, in un paesaggio di brulla savana da manuale missionario 🙂 è una persona energica e piena di vita, integrato alla grande; parla piemontese ed è sceso in cantina a prendermi una bottiglia di bonarda “quella buona che fa un mio collega”. In cinque anni ha ha imparato l’italiano, ha ottenuto la licenza media e un’attestato professionale, ha appreso un mestiere e ora lavora a tempo indeterminato in una fabbrica dell’indotto IVECO ; “faccio il turno di notte e due ore di straordinario al giorno, così guadagno di più” mi spiega fiero di sè mentre imbadisce la tavola con pollo fritto, pesce al forno e altre delicatezze (sono le quattro di pomeriggio, noi abbiamo ovviamente già pranzato, ma non sia mai detto che un sudanese non offra un pasto completo ai suoi ospiti:-)
Da un paio d’anni è sposato, è riuscito a far venire la moglie in Italia (la bellissima Marwa sottile come un giunco, sembra una modella) e ora ha un bimbo di 8 mesi, Aymen. Abitano in un bell’appartamento stile anni 70, abbonamento Skype per vedere il calcio (lui è tifosissimo dellaJjuve) invece della sola ennesima parabola per i canali in arabo … Ahmed è stato coraggioso, ha scelto di uscire da Torino, dalle case occupate, dalla compagnia dei soli “paesani” e di provare a farsi strada, solo, in mezzo a italiani della provincia profonda … che forse la parola “buonismo” non sanno neanche come si pronuncia, ma che hanno pian piano apprezzato la vitalità, il sorriso e la gran voglia di lavorare di questo ragazzone nero, sempre in movimento, chiacchierone e positivo.
Una storia di emigrazione dal sapore di anni 50, di quelle raccontate nei film neorealisti in bianco e nero: in tempi di crisi e depressione mette allegria incontrare una giovane coppia così ottimista, per cui l’Italia è stata ed è veramente occasione di riscatto!
Tornando a casa riflettevo su di loro: sono musulmani, sono africani ma sono una coppia di rifugiati con un bambino piccolo e circonciso … suona decisamente famigliare in questo periodo dell’anno … e la loro positività che altro è, se non una Buona Novella?
Sono grata a queste persone venute da così lontano per rinnovare in me, anche se inconsapevolmente, il sapore del Natale, quello della mia tradizione, delle mie radici.
Chi sono i rifugiati? Perchè scappano dal loro paese, affrontando viaggi pericolosi, dall’esito incerto e troppo spesso fatale? L’Italia è obbligata ad accoglierli? Se sì, come?
Le tragiche morti nel mare di Lampedusa hanno suscitato tanti interrogativi negli allievi della 1AA della Scuola Media Bobbio, di Torino, tanto da farne la Notizia del Mese nel giornalino di classe.
Per rispondere alle tante domande, In occasione della giornata dei Diritti Umani dello scorso dicembre, è stato organizzato un incontro in classe con Yagoub Kibeida, dell’Associazione Mosaico – Azione per i Rifugiati, che accompagna queste persone nel loro percorso di integrazione in Italia. DIversi aspetti della questione sono stati affrontati: la differenza tra migranti e rifugiati, le zone del mondo da dove provengono la maggior parte di questi ultimi, le disposizioni internazionali in materia … particolarmente affascinante per i ragazzini è stato poter interagire con un testimone diretto della condizione dei rifugiati, e alle domande sull’esperienza professionale si sono aggiunte quelle sull’ esperienza personale del relatore, contribuendo a rendere il clima dell’incontro meno formale e più spontaneo.
Venerdì 18 ottobre 2013 gli allievi della 3E della SSI Bobbio di Torino hanno incontrato in Videoconferenza i ragazzi di Gurukul the School di Ghaziabad, in India; le duescuole erano al loro secondo incontro e per questa occasione gli italiani hanno preparato una canzone da far ascoltare ai coetanei indiani, la bellissima Mediterraneo di Eugenio Bennato. Il testo tradotto in inglese era stato inviato in precedenza via email. Durante la prima videoconferenza, nella scorsa primavera, il corpo di ballo di Gurukul the School avevaeseguito in diretta delle spettacolari danze tradizionali e ora è stato il turno del’Italia di esibirsi “artisticamente”.
Maria Lissoni, insegnante Matematica e Scienze presso la scuola media Norberto Bobbio di Torino, redattrice del sito WEB della ReteDialogues
Scrivere un profilo per questo sito mi ha fatto ripensare al mio percorso umano e lavorativo, e ho notato che per certi versi non potevo che finire su un progetto come FTF.
La mia vita è stata molto varia, a tratti caotica …. ho cominciato e ricominciato molte volte. Però col tempo ho imparato a riconoscere (e riconoscermi in) alcune costanti fondamentali, che costituiscono la trama di un tessuto per altri versi fin troppo carico di colori e disegni contrastanti: curiosità verso le persone “altre” e le loro storie, interesse per le lingue come strumento per affacciarsi su nuovi mondi, fascinazione per le tecnologie informatiche come mezzo di comunicazione e, soprattutto, la passione e il sentimento come motore di tutte le scelte importanti della mia vita.
Sono nata e cresciuta a Novara, nel profondo Nord. Dai miei genitori ho imparato ad aprire sempre la porta a chi bussava e ad aggiungere un piatto in tavola (e anche un bicchiere di vino, da buona piemontese:-) La passione per il canto, risalente alla primissima infanzia, mi ha portato a esibirmi con band adolescenziali scalcagnate, caratterizzate dalla partecipazione di ragazzi provenienti da ceti sociali diversi dal mio: di giorno al liceo scientifico secchiona ma anche militante femminista (erano gli anni 70), di sera gruppettara “alternativa”. Per la mia docente di lettere ero “un fiume in piena”; e non intendeva certo farmi un complimento! All’università ho studiato Fisica: un po’ per sfida (le materie umanistiche mi parevano “troppo facili” – beata supponenza della gioventù J) un po’ per essere sicura di NON finire a fare l’insegnante dopo la laurea (avendo due genitori docenti, ero stufa di vivere in un mondo in cui tutto era “scuola”). Così ho passato sette lunghissimi anni come ingegnere in una multinazionale elettronica italo-francese.
A quel periodo, ormai un quarto di secolo fa, risalgono le mie prime esperienze di comunicazione via email: erano davvero pioneristiche, ancora non esisteva nemmeno la rete Internet. Per me fu una gioia scoprire che il computer non serviva solo a far noiosi calcoli ma anche per comunicare! Entrai a far parte di una delle primissime comunità virtuali, una mailing list di italiani residenti per la maggior parte all’estero, tuttora viva e attiva.
Quando più tardi, per motivi familiari, mi sono trasferita in Olanda, sapevo esattamente cosa NON volevo fare: un lavoro in campo tecnico. Ho avuto la fortuna di cominciare ad insegnare materie scientifiche nell’unica scuola del paese con una sezione italiana, la Scuola Europea di Bergen N.H. Esperienza esaltante: per dieci anni ho vissuto in un vero melting pot linguistico e culturale, con sezioni dalla materna al liceo in inglese, francese, tedesco, italiano e olandese, professori e allievi provenienti da almeno trenta diversi paesi. Comunicare era spesso un’avventura: capitava di cambiare tre – quattro idiomi nel giro della stessa conversazione, a seconda di chi si aggiungeva al gruppo: l’ultima delle preoccupazioni era la perfezione formale. Lì ho imparato ad apprezzare la bellezza liberatoria dello strafalcione!
E sempre in Olanda ho fatto due incontri fondamentali.
Il primo con le mie trenta “sorelle”, le donne del coro internazionale femminile Mihira: provenienti letteralmente da tutto il mondo, dall’America Latina al Sud est Asiatico, passando per Europa, Africa e Medio Oriente, queste donne si esibiscono ancora oggi ovunque si celebri la pace, la giustizia, la fratellanza. “Se possiamo cantare insieme, allora possiamo anche vivere insieme” è il motto. La mia partecipazione a Mihira è durata solo un paio d’anni, ma è stata un’esperienza formativa profonda, culminata in un concerto nel 2005 al festival di Sarajevo , la capitale bosniaca simbolo di guerra ma anche di riconciliazione.
Il secondo incontro, che mi ha letteralmente “rivoltata come un calzino”, è stato quello con mio marito Yagoub. Sudanese, di credo islamico, fa veramente onore al suo nome che è la traduzione araba di Giacobbe (seguace di Dio ); la limpidezza e semplicità della sua fede, declinata nell’attenzione per i più bisognosi e nella lotta all’ingiustizia (si occupa di diritti dei rifugiati) mi hanno colpito fin dal primo istante: e dire che io non sono certo cattolica praticante! Yagoub ha cambiato – e ancora quotidianamente cambia – il mio sguardo sul mondo.
Rientrata in Italia, dal settembre 2005 insegno in una scuola media nella periferia di Torino: nel mio istituto la percentuale di allievi di origini non italiane oscilla tra il 30 e il 40% , le etnie più rappresentate sono la maghrebine e le est europee.
Ho una passione particolare per i ragazzini turbolenti, e infatti da anni ricopro il ruolo di Funzione Strumentale all’Agio Scolastico: mi occupo di progetti contro la dispersione e per fasce deboli, in collaborazione con diversi enti e associazioni sul territorio.
Nella vita privata (quel poco che ne rimane, visto che il mio hobby preferito è la scuola:-) mi piace cantare in coro, fare attività fisica all’aria aperta, leggere libri gialli e andare a trovare i miei amici, sparsi in giro per l’Italia e per il mondo.